21 aprile 2017

RECENSIONE "IL DESERTO DEI TARTARI" di DINO BUZZATI

SALVE A TUTTI VIAGGIALETTORI BENVENUTI O BENTORNATI SUL MIO BLOG!!!

La recensione di oggi è su un libro che più utilizzato di così non potevo proprio fare. Il bello è che me ne sono accorta mano a mano che i giorni passavano nell'attesa che arrivasse il suo momento. Bene, in poco tempo sono riuscita, non solo a leggerlo, ma anche a  renderlo utile per le sfide di lettura che sto portando avanti, Yeah!

Vi lascio alla lettura del post così ci capirete qualcosa di più!





TRAMA: Giovanni Drogo è un tenente di prima nomina che viene mandato a presidiare il Forte Bastiani, una fortezza di confine che si trova isolata nel deserto e lontana dalle città. La Fortezza non è disabitata, ci sono altri militari che, come lui aspettano il momento in cui potranno vedere attiva la loro appartenenza all'esercito con l'arrivo dei nemici dal Nord, ma ciò non avverrà.



Titolo: Il deserto dei Tartari
Autore: Dino Buzzati
Casa Editrice: Mondadori
Anno: 2016 (Ristampa)
Pag: 224
Prezzo: 12,00 euro 




VALUTAZIONE:



Ho recuperato questo libro tra quelli di mia madre portati in cantina senza neanche sapere che ne fosse in possesso. Fortunatamente prima di comprarlo sono scesa giù a vedere se per caso ci fosse, visto il vago ricordo di mia madre che "Forse mi è stato regalato, ma mica ne sono tanto sicura?!". Tutto questo succedeva più di un anno fa e, ovviamente, secondo i miei tempi biblici di recupero di una lettura che vegeta sugli scaffali, ho trovato il momento giusto per leggerlo solamente qualche giorno fa!
Come vi ho anticipato all'inizio, utilizzerò la recensione per due sfide di lettura la prima è la MADE IN ITALY BOOKS CHALLENGE che, per il mese di Aprile, mi chiedeva di leggere UN AUTORE/UN LIBRO CHE TI HA SEMPRE INCURIOSITO. La seconda sfida è la LPS2017 SFIDA DI LETTURA  che, sempre per questo mese, mi chiedeva di LEGGERE UN CLASSICO SCRITTO DA UN UOMO. Come potete vedere le richieste sono state perfette per questo libro e non potevo non approfittarne :-)

Per quanto riguarda il libro in se è stata davvero una scoperta, anche se me ne sono accorta solo dopo averlo terminato, ma adesso vi spiego meglio.

Il Deserto dei Tartari racconta la storia di un giovane tenente che al suo primo incarico viene mandato a presidiare un forte, il Forte Bastiani, situato ai confini con il Deserto dei Tartari, un luogo isolato e lontano dalla civiltà. Appena arrivato sul posto Giovanni Drogo, il giovane tenente, preso dal panico della monotonia e dell'inutilità decide di richiedere una nuova destinazione. Questo lo porta, però, comunque, a dover aspettare quattro mesi, al termine dei quali avrebbe poi ottenuto un certificato medico con sopra una patologia che lo avrebbe mandato via da lì. In realtà il tempo scorre al Forte, molto velocemente e i quattro mesi diventano anni, una vita intera.

Questa è la trama che viene raccontata nel romanzo, una storia direi piuttosto monotona, fatta di una routine quotidiana che prevede turni di guardia, cambi di posizioni, partite a scacchi o a carte con i commilitoni e dormite solitarie.
Detto così ci si aspetterebbe un romanzo lento e noioso, invece così non è stato, almeno per me. Sicuramente non mi è sembrato un capolavoro, ma nonostante tutto, il senso di ciò che Buzzati ci narra è molto più profondo di quello che questa storia ci racconta. 

"Ventidue mesi erano passati senza portare niente di nuovo e lui era rimasto fermo ad aspettare, come se la vita dovesse avere per lui una speciale indulgenza. Eppure ventidue mesi sono lunghi e possono succedere molte cose: c'è tempo perché si formino nuove famiglie, nascano bambini e incomincino anche a parlare, perché una grande casa sorga dove prima c'era soltanto prato, perché una bella donna invecchi e nessuno più la desideri, perché una malattia, anche delle più lunghe, si prepari (e intanto l'uomo continua a vivere spensierato), consumi lentamente il corpo, si ritiri per brevi parvenze di guarigione, riprenda più dal fondo, succhiando le ultime speranze, rimane ancora tempo perché il morto sia sepolto e dimenticato, perché il figlio sia di nuovo capace di ridere e alla sera conduca le ragazze nei viali, inconsapevole, lungo le cancellate del cimitero."  

Il romanzo è incentrato essenzialmente sul tema dell'ATTESA, e della vita che passa inesorabilmente lasciando poco tempo per essere soddisfatti di sé e di ciò che si è fatto.
Giovanni Drogo è la rappresentazione di un mondo monotono, alienante, isolante, che ti cattura, ti rapisce, ti annienta e ti assorbe completamente, annichilisce.
La grande muraglia del Forte, che si staglia gialla e alta nel deserto è il luogo in cui tutto si annienta, in cui tutte le aspettative di una vita fatta di incontri, conoscenze, lavoro, famiglia e costruzione del se finisce imbottigliata in una sorta di cantina immaginaria nella quale si trovano le vite e le speranze di tutti coloro che sono vissuti e vivono ancora lì.
Ma la cosa che più di tutte mi ha colpito è come tutti i personaggi e, ovviamente Drogo ne è il capostipite, finiscano per immolarsi nell'attesa di una gloria, di una eroicità, di una sorta di celebrazione che non avverrà mai. Tutti scelgono di attendere sacrificando la loro vita per un qualcosa di lontano che poi diventa impossibile anche quando si realizza.

"Ora sentiva perfino un'ombra di opaca amarezza, come quando le gravi ore del destino ci passano vicine senza toccarci e il loro rombo si perde lontano mentre noi rimaniamo soli, fra gorghi di foglie secche, a rimpianger la terribile ma grande occasione perduta."

Giovanni Drogo diventa un estraneo nel mondo cui è sempre appartenuto. I lunghi periodi trascorsi al forte lo allontanano dalla curiosità di rivedere la propria famiglia, i propri amici, la donna che gli piace. Ogni volta che vi ritorna si sente inadeguato, inadatto a quella posizione, a quella realtà, non sente più di appartenere a quella casa, come se la sua presenza lì fosse superflua, inutile. E allora perché allontanarsi dal Forte, dove anche l'attesa del nemico sembra essere un giusto modo di impiegare il tempo che scorre. Un modo di sentirsi vivo e utile. 

Tutta la narrazione si fonda su un senso di rimpianto per qualcosa che si sarebbe potuto fare diversamente e, allo stesso tempo, sembra come se ci si sente soddisfatti della scelta fatta. Devo dire che questa è la parte più intricata della rappresentazione dei personaggi.
Lo stesso Drogo inizialmente sembra essere convinto di voler tornare alla sua vita, alla sua famiglia, all'impossibilità di rinunciare ad una vita sociale, invece in poco tempo le cose cambiano radicalmente e lui stesso sembra essere stato risucchiato da questo vortice dell'attesa infinita.

"Drogo capiva do voler bene ancora a Maria e di amare il suo mondo: ma tutte le cose che nutrivano la sua vita di un tempo si erano fatte lontane; un mondo di altri dove il suo posto era stato facilmente occupato. E lo considerava oramai dal di fuori, pur con rimpianto; rientrarvi lo avrebbe messo a disagio, facce nuove, diverse abitudini, nuovi scherzi, nuovi modi di dire, a cui egli non era allenato. Quella non era più la sua vita, lui aveva preso un'altra strada, tornare indietro sarebbe stato stupido e vano."  
Quando ho letto l'ultima pagina del libro, la cosa che mi è venuta subito da pensare è stata che fosse un libro triste, triste l'ambientazione (anche se più che triste ci starebbe meglio monotona), triste la scelta compiuta dai personaggi e da Drogo, triste l'idea di fondo che porta avanti questo romanzo.
Ci troviamo davanti ad un romanzo che ha il suo punto di forza nell'idea, più che nella trama, non a caso ci sono solamente due eventi che movimentano un po' le vicende , ma, secondo me, tutto è funzionale al rendere ancora più "drammatico" il concetto del sacrificare se stessi per l'attesa.
E' l'idea stessa dell' attendere qualcosa che mi intristisce molto, e il fatto che tutti nel forte finiscono con il considerare questa cosa come una motivo di lode.
Ovviamente io voglio per forza non accettare l'idea del romanzo, si è capito? Mi fa proprio arrabbiare la scelta fatta da Drogo e dagli altri.
Voglio dire, se tu vedi palesemente, e credi, che stai perdendo il tuo tempo lì rinchiuso in quelle quattro mura giganti, perché non te ne vai da lì e torni alla realtà.
La vita al forte sembra svolgersi in una realtà parallela nella quale non esiste preoccupazione di sorta, non esistono rapporti umani al di fuori di quelli tenuti con gli altri militari. E' un mondo in cui non esiste nessuna speranza per la creazione di una vita personale ed ogni possibile tentativo finisce per essere bruciato da una sorta di potenza assenza che ha una forza così grande da annullare e assorbire dentro di sé ogni persona che arriva lì.

Ecco, forse questa recensione è un po' monotona ma non posso non rimanere sconcertata dallo svolgimento della storia.Quello che mi urta è proprio l'atteggiamento ambiguo di Drogo, da una parte sceglie di rimanere al forte, dall'altra, però, si "lamenta" del tempo che ha perso lì. Ma dico io, deciditi!

Quello che penso di questo romanzo è che si tratta di uno di quei libri che si apprezzano in un momento successivo alla lettura. Un romanzo che sconvolge e che in me ha messo in moto una serie di meccanismi di rabbia, comprensione, vicinanza, ma anche di assurdità. Si, assurdità, trovo impensabile che si possa scegliere la gloria alla vita reale, che si possa scegliere di guardare scorrere il tempo solo attraverso i giorni e le notti nel deserto, che si decida di rinunciare a vivere nel mondo e alla possibilità di crescere e migliorarsi attraverso il rapporto con gli altri piuttosto che rimanere legati ad una scacchiera e a una stanza che sembra una cella, quando si ha la possibilità di cambiare il proprio mondo.
Non apprezzo l'idea di celebrare l'eroicità dell'uomo che si sacrifica, è una concezione del romanzo che mi fa arrabbiare e non la accetto nonostante questo, credo, sia l'intento dello scrittore.
Probabilmente anche il fatto che io abbia provato avversione nei suoi confronti è un risultato positivo, nel senso che comunque ho avuto una reazione alla lettura, ma non per questo credo che si tratti di un capolavoro.
Quindi in definitiva posso dirvi che il romanzo è malinconico e triste, ma vi offrirà molti spunti anche nel guardare la vostra vita e le scelte che avete fatto. 

Se pensate di non leggere il romanzo perché la storia può sembrarvi pesante o che il fatto che si tratti di un romanzo possa sostenere questa ipotesi vi sbagliate. E' una lettura molto scorrevole, molto veloce e non vi richiederà moltissimi giorni perché divorerete le pagine nella curiosità di voler conoscere la vita di Drogo e il suo svolgimento lì. E' un libro che mi ha stupito e non poco e che per questo vi consiglio.

Vi ho raccontato tutto anche per questa volta, fatemi sapere se lo avete letto, se vi è piaciuto se avete letto altro dell'autore e cosa, io vorrei provare con LA BOUTIQUE DEL MISTERO, ma non so ancora, quindi se avete qualche consiglio scrivetemelo qui sotto nei commenti :-)
Vi saluto, vi mando un grande abbraccio e ci rileggiamo presto... Buon viaggio tra le pagine dei vostri libri...

2 commenti:

  1. Vorrei leggere questo libro da... Non so, un sacco di anni di sicuroxD
    Ho letto per la scuola, anni fa, La boutique del mistero e non mi era piaciuto. Ma era una lettura obbligata e in un periodo in cui, secondo me, non ero in grado di apprezzare determinate cose. La mia curiosità per Buzzati è cresciuta col tempo e, anche dopo la tua recensione, vorrei davvero riprendere i racconti e poi questo romanzo. Credo che tu abbia espresso molto bene ciò che il libro ti ha dato e i temi alla base della narrazione mi hanno intrigato molto. E mi rassicura la tua esperienza di un libro che si fa leggere bene, perchè si, la paura è di trovarsi davanti a un romanzo noiosoxD

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In questo ultimo anno sto cercando di recuperare parte di quelle letture che anni dietro non avevo compreso o mi ero rifiutata di leggere proprio per la paura che fossero troppo noiosi, e, come in questo caso, la sorpresa di scoprirne delle letture interessanti ripaga davvero l'attesa :-)

      Elimina