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Non mi voglio rassegnare al fatto che ci siano persone che negano ciò che è stato, che pensano che sia stato giusto tutto quello che è successo a migliaia di persone nel mondo, alla creazione di campi di lavoro o di concentramento nei quali le persone venivano annientate e la loro memoria si perda così nel vento.
Io credo che ci debba essere la necessità di conoscere questi grandi dolori per ricevere dei grandi insegnamento per tutti noi, ed è questo che mi porta ogni anno a fare letture che riguardano la tematica dell'olocausto, della deportazione, della sofferenza nei campi di concentramento.
Per questo motivo mi sono ritrovata ad avere la necessità di leggere qualcosa che mi riportasse un po' all'origine di tutto quel male e ho trovato tra i miei scaffali questo libro che credo di aver comprato molto tempo fa lasciandolo per questo momento.
Ma vi lascio al post così da parlarvi un po' di questo volumetto, BUONA LETTURA!
Titolo: Il mio diario segreto dell'Olocausto
Autrice: Nonna Bannister
Casa Editrice: Newton Compton
Anno: 2014
Pag: 306
Prezzo: 5.00 euro
Cosa Ne Penso...
Come sempre, quando si tratta di esperienze personali, è difficile esprimere una opinione su quanto scritto e raccontato dall'autore. In questo caso ci viene spiegato che la Bannister ha fatto un'opera di traduzione e rimaneggiamento di tutto quello che ha scritto nel corso della sua vita per rendere le sue memorie al meglio. Quindi vi troverete davanti ad un libro che ha delle incoerenze che vi vengono spiegate con delle note a margine, ma quello che si deve considerare è cosa sia successo alla nostra autrice, alla sua testimonianza, ecco.
E' stata per me la prima volta, o almeno così ricordo, che ho letto una storia che coinvolgesse la Russia occupata dai nazisti. Ovviamente so che si è trattato di una grande sconfitta per i tedeschi, ma non avevo mai avuto occasione di leggere qualcosa che coinvolgesse la sua popolazione.
Si tratta di una storia familiare, dalla forma romanzata, più che diaristica, nella quale la Bannister ci fa conoscere tutti i membri della sua famiglia materna.
Appartenente all'aristocrazia russa fin da quando il suo bisnonno materno era un conte e un cosacco, mentre suo nonno era stato molto amico dell'ultimo zar e addirittura coinvolto nella strage dei Romanov come loro alleato. Questo aveva portato velocemente alla perdita di due figure molto importanti ma la nonna non si è persa d'animo e ha fin da subito gestito tutta la sua numerosa famiglia. Anche il padre di Nonna era di nobili origini sebbene di loro sapremo molto poco, di origine polacca, probabilmente finiti molto prima di loro nelle mani dei tedeschi.
La narrazione della Bannister prende avvio dal momento in cui lei e sua madre vengono portate in un campo di lavoro su uno dei treni della morte. Loro non vennero considerate prigioniere, non essendo ebree non avrebbero subito lo stesso mortale trattamento, ma lavorarono per i tedeschi come operaie, almeno inizialmente.
Non starò qui a raccontarvi tutta la vicenda della Bannister e di sua madre altrimenti vi toglierei la curiosità di conoscere queste donne così forti e impavide.
Quello di cui vi parlerò è quello che questo libro mi ha trasmesso.
Non ci sono mai le parole giuste per esprimere il dolore che si prova nei confronti di queste sofferenze, ogni volta sembra che io mi ritrovi ad essere coinvolta pienamente dalle loro parole pur essendo consapevole di non poter far nulla per loro. Allora penso che anche scrivendo qualcosa posso mantenerne vivo il ricordo, o almeno di provo, ecco.
Devo ammettere che mi aspettavo una storia molto più "sofferta" di quella che ci viene raccontata, nel senso che il titolo mi ha fatto pensare ad una testimonianza diretta di ciò che furono i campi di concentramento, un po' alla Primo Levi per intenderci. Ma non c'è tutto questo.
La Bannister, come ho detto, essendo andata volontariamente a lavorare per i tedeschi (pensando fosse una sorta di lasciapassare per la vita) non verrà mai rinchiusa nei campi di concentramento.
Diventa più una testimone di quelle vicende attraverso quello che vive e che saprà da chi le sta intorno.
C'è una forte sensazione di stupore e una presa di coscienza del pericolo e della tragedia che stava avvenendo fin da quando iniziano i rastrellamenti e Nonna aveva 11 anni. Assiste alla violenza della espropriazione dei beni, alla sparizione improvvisa di persone a lei care, alla violenza esercitata su chi contrastava i tedeschi, su chi si ribellava al rastrellamento, su chi era condannato a morte certa.
Quello che emerge è sicuramente un grande senso del dovere di Nonna che fin da piccolissima ha preso la sua paura per mano ed ha cercato di trasformarla in qualcosa di positivo non solo per lei. A tratti, inizialmente, mi sembrava quasi fosse una persona algida, ma poi leggendo si capisce che ha convissuto con una paura e un dolore enorme.
Non vi troverete davanti ad un diario alla Anna Frank, ma davanti ad una donna adulta che ce l'ha fatta dopo tante difficoltà e che solo da adulta e con età avanzata è riuscita a dare libero sfogo al dolore che ha patito in tutta la sua vita e che ha nascosto alla sua stessa famiglia.
Leggetelo per avere conoscenza di ciò che è stato, delle sofferenze patite da povere persone innocenti, per mantenere vivo il ricordo di chi non è sopravvissuto e di chi lo ha fatto con grande dolore nel cuore.
Vi mando un grande abbraccio e mi auguro che leggiate delle storie bellissime tra le pagine dei vostri libri... A PRESTO!